Il dramma dell'aborto

una grave piaga

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«con l'autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori (...)
dichiaro che l'aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo,
costituisce sempre un disordine morale grave,
in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente.»
(Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, § 62)

motivazioni inadeguate

Il tema dell'aborto ancora oggi divide le coscienze. Da una parte non c'è dubbio che si tratti di una cosa gravemente negativa, ma d'altra parte troviamo che non sia opportuno usare toni da crociata, accusando i sostenitori dell'aborto di malafede e deliberato assassinio. E riteniamo che questo tema andrebbe sottratto a una strumentalizzazione politica, tipicamente ad opera dell'estrema destra. In effetti l'estrema destra, dai tempi di Mussolini e di Hitler, è sempre stata contro l'aborto; ma per motivi politici, cioè evitare l'indebolimento demografico della propria razza, che i dittatori volevano forte e perciò numerosa.

usare toni estremistici è controproducente

Se infatti il tema dell'aborto viene dato in appalto a degli estremisti, o comunque trattato con toni estremistici, si ottiene come inevitabile effetto che quanti rifuggono dall'estremismo, ma potrebbero essere contro l'aborto se venissero usati argomenti razionali, si radicalizzeranno su posizioni abortiste, dato che identificheranno la lotta all'aborto con l'estremismo.

Di più sul tema della inefficacia dell'estremismo.

Motivazioni corrette

occorre argomentare

La corretta motivazione va cercata argomentando e dialogando. Tenendo conto che su questo tema il pensiero cristiano del passato ha avuto opinioni diverse. Lo stesso papa Giovanni Paolo II nella Evangelium vitae ricorda che la stessa «I testi della Sacra Scrittura (...) non parlano mai di aborto volontario e quindi non presentano condanne dirette e specifiche in proposito» (Evangelium vitae, § 61) non parla esplicitamente di aborto. Per cui non bisogna scandalizzarsi della necessità di argomentare e non bisogna partire con anatemi.

un argomento laicamente comprensibile

Il punto è: dato che la vita umana è sacra, cosa su cui anche i non credenti possono convenire, e dato che nessuno negherebbe che un bambino appena nato è vita umana, è la scienza in grado di individuare con chiarezza e univocità un momento di discontinuità tra il concepimento e la nascita?

embrione di 5 mesi
“embrione” di 5 mesi

Alcune religioni, come l'Islam, dicono: il quarantesimo giorno. Ma con che criterio? Non è tollerabile alcuna approssimazione dove si tratta della possibilità di sopprimere una vita umana.

Teologicamente e filosoficamente, è vero, la dignità dell'uomo poggia tutta sulla componente "anima", e non è dato sapere con certezza se Dio infonda l'anima all'istante del concepimento o successivamente, ad esempio allorché si è adeguatamente formato il cervello.

Quest'ultima tesi è quanto sosteneva ad esempio Dante:

«Ma come d’animal divenga fante
non vedi tu ancor: quest’è tal punto,
che più savio di te fe’ già errante,

sì che per sua dottrina fe’ disgiunto
da l’anima il possibile intelletto,
perché da lui non vide organo assunto.

Apri a la verità che viene il petto;
e sappie che sì tosto come al feto
l’articular del cerebro è perfetto
,

lo motor primo a lui si volge lieto
sovra tant’arte di natura, e spira
spirito novo di virtù repleto
,

che ciò che trova attivo, quivi, tira
in sua sustanzia, e fassi un’alma sola,
che vive e sente e sé in sé rigira.»

Divina Commedia, Purgatorio, canto XXV, vv. 61-75

Tuttavia, dal momento che non è scientificamente possibile individuare un giorno in cui si possa collocare una netta discontinuità nella evoluzione dell'embrione, tra il concepimento e la nascita, occorre fare come se l'embrione appena concepito fosse già un essere umano a pieno titolo. Probabilmente lo è davvero, ma in ogni caso non possiamo correre il rischio di sopprimere qualcosa che come minimo non possiamo escludere sia un essere umano. Quindi, in ogni caso, dobbiamo fare, come minimo, come se il concepito fosse un essere umano a pieno titolo.

un ulteriore argomento

Eccolo: la vita è bella e va accolta incondizionatamente. La prima affermazione (“la vita è bella”) in alcuni momenti, o magari anche per periodi anche lunghi, può non essere evidente. Ma c'è almeno qualche momento in cui siamo contenti, di una, al limite, illogica allegria (canzone di Gaber), del fatto che «lo dolce lume» (Dante, Divina Commedia, Inferno, canto X) arrivi ai nostri occhi.

E la vita va accolta incondizionatamente, non ponendo condizioni: la vita di chi è portatore di handicap non è meno degna di essere vissuta di quella di un grande vip (anche perché spesso i vip sono più infelici).

Ma, certo, questo argomento risulta meno vincolante, se uno non fa esperienza della bellezza della vita, anche nelle difficoltà. Ecco allora come sia importante la testimonianza di chi, tale esperienza, la fa. Questo ci porta alla questione del sacrificio.

il punto decisivo

Mi pare infatti che il punto sia la possibile positività/fecondità del sacrificio. É infatti indubbio che accettare una gravidanza indesiderata può essere un sacrificio, anche molto grande.

Non solo per il dolore che spessissimo accompagna il parto, e che è tra i dolori più forti che un essere umano possa soffrire in questa vita. Ma anche perché avere un figlio vuol dire dover cambiare per almeno 18/20 anni la propria vita, piegandola, poco o tanto (e questo è comunque più della donna che del padre) alle esigenze del figlio.

La mentalità secolarizzata prevalente non riesce più a cogliere la possibile valenza del sacrificio (in termini cristiani: la Croce) come condizione per una maggior pienezza umana (in termini cristiani: la Resurrezione), ma tende a vederlo in termini puramente naturalistici, come Pavese, che lo definiva «bestiale».

Sta ai cristiani perciò anzitutto non dare per scontato di vivere davvero il sacrificio come adesione alla realtà e condizione per risorgere, e quindi anzitutto testimoniare la bellezza di una sacrificio che fa risorgere, un sacrificio per l'altro.

Ma questo non può essere imposto per legge, può solo essere testimoniato.

non-credenti contrari all'aborto

Pensiamo ad esempio a Pasolini. Che scrisse tra l'altro:

«Sono (...) traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio.
Nei sogni, e nel comportamento quotidiano – cosa comune a tutti gl’uomini – io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente.» (dal sito Pro vita e famiglia)

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