Il Decreto del Dicastero e CL

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introduzione

I movimenti ecclesiali sono un fenomeno relativamente nuovo, nel senso che fino al XX secolo nella Chiesa erano fiorite realtà carismatiche di vita consacrata, mentre qui abbiamo realtà carismatiche essenzialmente laicali, immerse nel mondo.

Senza contare che le analogie tra movimenti ecclesiali e ordini religiosi arrivano solo fino a un certo punto.

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  • Vi è anzitutto una differenza immediatamente constatabile, ossia che uno può appartenere a un movimento ecclesiale e al tempo stesso a un ordine religioso: esistono ad esempio francescani di CL, benedettini di CL. Mentre non possono esistere francescani benedettini, o domenicani gesuiti: o si è in un ordine o si è in un altro.
  • In effetti mentre gli ordini religiosi riguardano la forma vocazionale, i movimenti riguardano la condizione comune dei credenti.
  • Ne segue un'altra possibile differenza: mentre i movimenti ecclesiali potrebbero essere qualcosa di transitorio, destinato a confluire nella Chiesa, una volta che questa avrà recuperato la sottolineatura per la quale un certo movimento è nato (così ebbe a dire, almeno una volta, don Giussani riguardo a CL), gli ordini religiosi si pensano, e - per lo più - sono, qualcosa di definitivo. L'ordine francescano non si pensa destinato a scomparire in una Chiesa che abbia pienamente recuperato il valore della povertà, l'ordine carmelitano non si pensa destinato a scomparire in una Chiesa che abbia pienamente recuperato il valore della preghiera personale.

I movimenti ecclesiali laicali nati nel '900, almeno nella interpretazione che ne davano i loro fondatori, sono ritenuti lo strumento con cui lo Spirito Santo è intervenuto per ravvivare la vita della Chiesa tutta, rendendo nuovamente vive delle dimensioni della vita cristiana che col tempo, soprattutto in età tridentina, erano andate appannandosi e logorandosi. La Chiesa tridentina in effetti era andata scivolando su posizioni che inclinavano pericolosamente in una naturalismo razionalistico e moralistico. Facendo così perdere il fascino del cristianesimo delle origini.

In questo senso siamo davanti a una reale novità, che necessita in qualche modo di essere per quanto possibile capita (e accolta) in base agli insegnamenti della Chiesa.

Il Decreto e la sua attuazione

Il Decreto emanato nel giugno 2021 dal Dicastero per i laici ha introdotto delle importanti novità nella vita dei movimenti e delle associazioni ecclesiali.

C'è una premessa doverosa: non tutti i (recenti) sommi pontefici hanno avuto nei confronti dei movimenti lo stesso atteggiamento: Giovanni Paolo II, e Benedetto XVI li hanno molto apprezzati e valorizzati. Di papa Francesco non si può dire la stessa cosa (ne parliamo in questa pagina).

Il Decreto in sé stesso stabilisce una distinzione tra ruolo istituzionale e fenomeno carismatico, e questo è qualcosa che ha un suo senso. In effetti la applicazione ottimale di esso avrebbe dovuto essere che il ruolo istituzionale è elettivo e di durata limitata, e si limita a gestire gli aspetti pratico-organizzativi della realtà associata, rispettando e valorizzando la componente carismatica in tutte le sue possibili manifestazioni.

Di fatto però, finora, l'attuazione del Decreto non ha visto questa feconda complementarietà di due poli che collaborano fraternamente, in un autentico spirito di comunione e di servizio, ma c'è il forte rischio che la componente istituzionale monopolizzi la scena, emarginando chi più vive la dimensione carismatica.

Se è così potuto accedere, è probabilmente (anche) perché si sono, all'origine, nel modo con cui è stata gestita tutta la vicenda, confuse due cose:

  • la questione, positiva e generale, di una “regolamentazione” dei movimenti ecclesiali (con la distinzione, appunto tra carisma e istituzione); questo tema avrebbe dovuto essere affrontato non in modo sanzionatorio o emergenzialistico, ma alla luce del sole, prendendosi tutto il tempo necessario per avviare la riflessione più dialogica, comunionale e ampia possibile.
  • e poi potevano esserci eventuali interventi specifici, mirati a sanare situazioni negative tipiche di una ben determinata, particolare conduzione. Questo avrebbe dovuto essere qualcosa di mirato, “in camera caritatis” (e comunque anche perché, da chi è autorità nella Chiesa ci si aspetterebbe un atteggiamento paterno, che cerca anzitutto di farsi l'idea più esatta possibile di come stiano davvero le cose, e poi cerca, nella misura del possibile, non di far vincere una fazione contro un'altra, ma di favorire la reciproca, massima, comprensione tra le varie componentiascoltando “tutte le campane”), se necessario tempestivo, e proporzionato alle diverse, specifiche, fattispecie di “deviazioni”.

Di fatto invece, il modo con cui le linee generali, in sé giuste, del Decreto, sono state emanate e gestite, senza permettere una previa “digestione” teologica della novità introdotta, è apparso almeno un po' puntare su una sorta di “fattore sorpresa”, come se su tale argomento non fosse possibile dialogare “con benevolenza”. Come se insomma, quella messa in atto, fosse una misura emergenziale e sanzionatoria.

conclusione

In ogni caso, l'uomo propone, Dio dispone. In ultima analisi è il Creatore della realtà a tenere le redini della storia, e a maggior ragione quelle della storia della Chiesa.

Perciò non dobbiamo disperare che le cose prendano una piega giusta, se noi saremo docili, perché non saremo certo noi i protagonisti: sarà lo Spirito Santo a guidare verso una adeguata intelligenza di quanto ci è chiesto.

Di sicuro sarà sempre possibile seguire una Misura più grande della nostra. Scopriremo col tempo, vivendo e a Dio piacendo, che forma ciò prenderà.