leggi anti-omofobia
il dovere di bilanciare diverse, legittime, esigenze
introduzione
Nel mondo cattolico, e anche tra i vescovi, ci sono diverse posizioni sul tema. In sintesi da un lato c'è il problema di persone che vengono fatte oggetto di violenza, verbale e talora anche fisica, non per qualcosa che fanno (o abbiano fatto), ma per qualcosa che sono; e questo è ingiusto. D'altro lato occorre che la tutela ai più deboli non diventi il pretesto per imporre una antropologia che, sganciando il biologico dallo spirituale, si rivelerebbe incompatibile con l'idea di sensatezza della realtà fin nel dettaglio, idea che è coessenziale a una visione religiosa.
Si tratta allora si salvare entrambe queste istanze: da un lato proteggere i deboli dalla violenza, dall'altro salvaguardare la libertà di espressione di tutti.
possibili obiezioni sulla necessità di tutelare dalla violenza
l'obiezione della inutilità
L'obiezione secondo cui le leggi esistenti già tutelerebbero chi è vittima di violenza, non tengono conto del carattere peculiare di certe forme di violenza, che non colpiscono una persona in quanto (è quella) persona, ma in quanto appartiene (o è ritenuta appartenere) a una certa categoria, e quindi:
- non prevedono alcuna sanzione per violenze verbali
- e per le violenze fisiche trattano l'aggressore in modo inadeguato perché fanno come se l'aggressione fosse di natura personale, dovuta a qualcosa che l'aggredito ha fatto, mentre si tratta di qualcosa che l'aggredito è. Tanto è vero che gli aggressori spesso non conoscono personalmente l'aggredito, né hanno subito da lui (/lei) alcun torto. In altre parole le leggi vigenti, in assenza di norme specifiche, tutelano le persone in quanto persone, ma non in quanto appartenenti a categorie, oggetto di stigma sociale.
Ora, sanzionare allo stesso modo due reati di diversa gravità è una ingiustizia. Quindi sanzionare allo stesso modo chi mi aggredisce perché gli ho fatto un danno, e chi mi aggredisce perché sono quello che sono, anche nel caso in cui gli effetti fisicamente verificabili delle due forme di aggressione fossero identici, significa porre sullo stesso piano due cose diverse. Il che è una ingiustizia. E chi nega questo, mente.
l'obiezione quantitativa
Chi poi sostenesse che non occorre legiferare per proteggere i più deboli, dato il carattere numericamente ridotto delle aggressioni (meno di 50 denunce all'anno, si dice), non tiene conto
- che le aggressioni fisiche denunciate sono quasi certamente solo la punta dell'iceberg delle aggressioni totali, dato che chi le ha subite è facile che se ne vergogni (analogamente a come le violenze carnali denunciate dalle donne sono ben lungi dall'essere la totalità delle violenze che si verificano, e ciò per lo stesso motivo);
- che le aggressioni fisiche sono comunque solo la punta dell'iceberg delle violenze subite da chi è “diverso”;
- che comunque se anche le aggressioni fossero solo quelle denunciate, meno di 50 all'anno, vorrei sapere chi sarebbe pronto a sostenere che 20 ebrei aggrediti in quanto ebrei, o 20 cristiani aggrediti in quanto cristiani non sono un problema, e che “i problemi sono ben altri”.
possibili rischi di una legge ideologicamente impostata
Come si è visto in altra pagina, il carattere praticamente insuperabile di certe forme di disforia non implica la loro naturalità, la loro non-patologicità. Ora questo deve poter continuare a poter essere detto senza che tale visione antropologica diventi sanzionabile perché sospettata di alimentare pregiudizi e violenza.
Ora, è vero che per raggiungere l'obbiettivo che nessuno abbia più a soffrire per qualcosa che è, senza averlo scelto, non basta agire sul fronte della repressione (sanzionando cioè sanzionando cose diverse in modo diversoin modo equo), ma occorre anche fare qualcosa sul versante della prevenzione. Tuttavia quest'ultima deve implicare tesi antropologiche ampiamente condivisibili, e perciò non troppo specifiche, comprehensive, per dirla con Rawls, come sarebbe una gender theorie, che sganciasse lo psichico dal biologico: si tratta invece di basarsi su una antropologia in cui si possano riconoscere tutte le persone sinceramente democratiche.
Per questo non è affatto necessario negare il valore positivo della differenza sessuale, basta educare al rispetto di ogni essere umano in quanto tale, indipendentemente dalle sue caratteristiche “secondarie”, come la razza, la statura, il colore dei capelli, il sesso, l'orientemento sessuale: da tutto ciò, insomma, che non è liberamente scelto.