Papa Francesco

introduzione

Questa pagina non ha alcuna pretesa di completezza: non è una presentazione nemmeno lontanamente esauriente della personalità e del pensiero di papa Francesco. Si limita a puntualizzare alcuni aspetti salienti del suo modo di porsi, soprattutto nella misura in cui essi hanno destato perplessità e

linee-guida del suo pensiero

Mi soffermo qui sulle linee portanti del pensiero che lo ispira, e lo faccio riferendomi soprattutto ai ad esempio Jorge Mario Bergoglio: Una biografia intellettuale, ma anche Francesco: La Chiesa tra ideologia teocon e «ospedale da campo» testi di Massimo Borghesi su Bergoglio.

Il cioè il citato Massimo Borghesifilosofo romano evidenzia come Jorge Bergoglio non sia solo un uomo d'azione, come spesso viene percepito, uno che chiede essenzialmente di fare delle cose. Certo, egli è anche questo: memorabili sono le sue concretissime raccomandazioni su come rendere la vita familiare il più possibile armoniosa, ad esempio usando spesso le espressioni «permesso?», «scusa» e «grazie».

Ma Bergoglio è anche un uomo di pensiero, che ha alla base del suo operare delle ben precise opzioni intellettuali: soprattutto è importante il suo debito verso Romano Guardini e il suo concetto di Gegensatz, cioè tensione polare o opposizione polare. L'idea è che in moltissimi casi è possibile fare una sintesi tra polarità solo apparentemente contraddittorie. Questa idea di tensione polare è molto simile a quella di Henri De Lubacdelubachiana di paradosso, ma è in qualche modo implicita nello stesso dogma cristiano in quanto tale: Dio è infatti al tempo stesso Uno e Trino (aspetti che sembrano, ma non sono contraddittori), e analogamente Cristo è al tempo stesso Uomo e Dio (anche qui due fattori che sembrerebbero inconciliabili, ma tali non sono), e in ambito etico devono andare insieme giustizia e misericordia (altri aspetti apparentemente contraddittori e reciprocamente escludentisi).

Un altro punto che viene in genere trascurato nel pensiero di Bergoglio sono i quattro primati:

Mi soffermo sul primato del tempo sullo spazio, qualcosa che sembrerebbe astratto ed è invece molto concreto. Perché significa prendere atto che la realtà è più grande dei nostri schemi e dei nostri progetti, e noi non la possiamo dominare come se ne fossimo i creatori. Questa idea è legata all'invito a innescare processi, piuttosto che occupare spazi. Chi vuole occupare spazi è uno che pretende di dominare la realtà, cioè uno che ha un atteggiamento ideologico. Il che si può trovare anche nei credenti, ad esempio tra i fondamentalisti, che pretendono di imporre a tutti quello che loro intendono per principi non negoziabili (stravolgendone il reale senso e tradendo il pensiero di papa Benedetto, a cui falsamente credono di richiamarsi).

Invece innescare processi significa fare con umiltà la propria parte, rispondendo alle circostanze, sapendo che la realtà è mistero e non sta a noi calcolare come tutto debba andare, senza pretendere cioè di mettere in riga il mondo.

Per inquadrare in un contesto globale questo concetto di può vedere la scheda suo diversi stili cristiani.

accuse ingiuste

La parte seguente è la prima che avevo scritto. Essa è oggi un po' meno urgente, perché molti settori della destra ultraconservatrice, nel 2021, Antonio Socci in testa, hanno mitigato la loro avversione a papa Francesco. Rimane comunque opportuno ribadire quanto avevo detto a suo tempo, che conserva intatta la sua verità.

Può un cattolico criticare il Papa? Dipende. Un conto è 1a) criticare (con benevolenza e spirito costruttivo), 1b) su questioni non dogmatiche, ad esempio su certe implicazioni politiche della fede, altro conto è 2a) attaccare (con astio e malevolenza) 2b) accusando il Papa di essere eretico. La prima cosa è legittima, la seconda, per un cattolico, no.

criticare non è attaccare

La differenza tra criticare e attaccare è decisiva: si critica qualcuno quando non si mette in dubbio la sua buona fede, e, nel caso del Papa, gli si vuole sinceramente bene e si desidera capire perché su una certa questione la pensi diversamente da noi. In questo caso uno è in atteggiamento costruttivo e dialogico, cioè ritiene che l’altro in fondo voglia (come fine ultimo) la stessa cosa che vuole lui ed è pronto a prendere in considerazione gli argomenti che l’altro porta per spiegare la sua posizione, disposto a ricredersi davanti alle spiegazioni dell’altro. In questo senso comunque gli scritti del Papa devono essere letti (cosa che non fanno, credo, molti suoi critici) e recepiti con la massima attenzione e simpatia.

Attaccare invece implica che io giudichi l’altro in inguaribile malafede, e quindi non possa che mirare al suo annientamento, un annientamento almeno dialettico e “politico”, se non fisico. E quindi non sono disposto a sentire ragione, ho già deciso in partenza che l’altro ha torto marcio su tutto il fronte e che da lui non può venire niente buono.

False accuse riguardo al dogma

Può poi un successore di Pietro essere eretico? Gesù Cristo ha assicurato di no. Vediamo le Sue parole a Pietro (e quindi a ogni suo successore):

«17E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».» (Mt, 16, 17-19)

«[31]Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; [32]ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli».» (Lc, 22, 31-32)

«15Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». 16Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». 17Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. (…)» (Gv, 21)

Queste parole sono tradizionalmente state viste dal pensiero cattolico come prova della speciale autorità conferita da Cristo a Pietro (e quindi al suo successore), ad esempio nella polemica con ortodossi e protestanti.

Il Concilio Vaticano I poi ha affermato il dogma della infallibilità pontificia: quando il Papa definisce solennemente una verità di fede è infallibile, grazie a una speciale assistenza dello Spirito Santo.

Certo, infallibilità non equivale a impeccabilità; un papa nasce col peccato originale, e già S. Pietro aveva fatto i suoi sbagli, ad esempio rinnegando Cristo, il quale però lo ha fatto ciò nonostante capo della Sua Chiesa. Né l’infallibilità si estende ad ogni opinione che un Papa possa avere.

Ma esclude comunque che un Papa possa essere eretico. Perché non sarebbe comprensibile che uno sia eretico in privato e poi magicamente non lo sia più quando fa pronunciamenti dogmatici pubblici.

Quindi coloro che oggi rimproverano il papa di essere eretico, sono eretici loro. Perché pretendono, non cattolicamente, di rapportarsi all’Invisibile senza passare attraverso il visibile, che è la Chiesa, la garanzia della cui autenticità è l’essere in comunione con Pietro: ubi Petrus, ibi Ecclesia.

Oltretutto l’argomento portato, secondo cui il Papa avrebbe adorato un idoletto amazzonico, è oltre che falso, ridicolo: ma chi può credere che un uomo intelligente del XXI secolo adori come dio un idoletto di legno? Con la semplice ragione uno (mettiamo un ateo) potrebbe forse pensare che il Papa non creda in Dio, ma che uno pensi che il Papa creda che Dio sia un idoletto di legno, oltrepassa ogni limite di credibilità e di decenza.

false accuse riguardo all’etica

Oltre al risibile argomento dell’idoletto amazzonico ci sono le obiezioni sul piano dell’etica: papa Francesco non sarebbe in linea con la tradizione cattolica sul matrimonio, sul celibato ecclesiastico e sulla omosessualità.

Anzitutto va detto che in ambito etico non esistono dogmi. Come sa chi conosce la lingua greca (antica) dogma significa qualcosa che deve essere creduto, non qualcosa che deve essere fatto. Riguarda l’ontologia, non l’etica. E si è eretici se si nega qualcosa di dogmatico. Le obiezioni che ora vediamo riguardano l’ambito etico, non quello dogmatico. Quindi se anche il Papa sbagliasse in tali questioni, cosa che noi non crediamo vera, non sarebbe per ciò eretico. Ricordo l’ironia sferzante con cui Il Sabato bollava, se ben ricordo a fine anni ‘80, quanti tra i cattolici ultraconservatori, scalpitavano perché Giovanni Paolo II proclamasse solennemente il dogma dell’aborto come peccato abominevole. Cosa assurda, proprio perché si tratta di questione etica, e non dogmatica.

Non affermerebbe anzitutto con sufficiente forza l’indissolubilità del matrimonio, dato che ha aperto con l’Amoris laetitia alla comunione ai divorziati risposati. In realtà: a) la linea di una possibile comunione ai divorziati parte da prima di papa Francesco, per non parlare della facilità con cui la Sacra Rota ha concesso annullamenti di matrimoni negli ultimi decenni, tanto da spingere un allarmato Giovanni Paolo II a strigliare tale Tribunale ecclesiastico, b) come ha spiegato Carron, in linea con Giussani, il punto è che la grazia soprannaturale non è effetto della buona volontà umana e delle buone azioni umane, ma ne è causa. Senza la grazia l’uomo non riesce a essere buono. Quindi prima c’è l’incontro, poi uno capisce che deve cambiare. Pretendere che uno cambi prima è moralismo farisaico e pelagiano. Certo, uno che si accostasse ai sacramenti con l’intenzione di continuare a peccare, farebbe male. Ma la Chiesa non può giudicare preventivamente le intenzioni, non potendo leggere nel pensiero e essendo costretta dal Suo Maestro a perdonare 70 volte 7.

Il celibato ecclesiastico non è certo un tema ricorrente nel pontificato di papa Bergoglio: io credo che esso sia un valore e mi auguro che resti la norma. Ma ammettere delle eccezioni non sarebbe scandaloso, dal momento che a) nei primi tempi della Chiesa non solo molti Apostoli, tra cui S.Pietro, erano sposati, ma anche dei vescovi, allorché S.Paolo raccomanda che un buon vescovo «non sia sposato che una sola volta», b) ancora successivamente e ancora oggi ci sono Chiese orientali in comunione con Roma (anche ai tempi di Pio X, Pio XI e Pio XII, mi risulta) che ammettono il matrimonio dei presbiteri.

C’è poi il tema della omosessualità: su Avvenire del 22/10/2020 si trova una interessante sintesi di quanto, nel corso del suo pontificato, papa Francesco ha detto in proposito. In effetti il 21 ottobre 2020 è stata diffusa la notizia che il papa si è detto favorevole alle unioni civili; gli vengono attribuite queste parole:

«Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge di convivenza civile. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo.»

Osserviamo in proposito che le parole del Papa sulle unioni civili in Argentina vanno contestualizzate: si trattava della alternativa tra il cedere qualcosa o il fare le barricate. La maggior parte del clero argentino scelse la seconda strada e ottenne come risultato che passarono non solo le unioni civili, ma un vero e proprio matrimonio egualitario. Come sempre: l'estremismo non paga. Sarebbe stato più saggio fare come diceva l'allora card. Bergoglio.

In ogni caso, al di là di quel particolare caso argentino

False accuse riguardo al rapporto con l'Islam

I critici del Papa gli rimproverano un rapporto troppo amichevole con le altre religioni (dimenticando gli incontri di Assisi fatti da Giovanni Paolo II) e in particolare con l'Islam, sostenendo che egli tacerebbe, per non dispiacere agli islamici, sulle persecuzioni subite da cristiani ad opera dei maomettani.

Quanto queste accuse siano infondate lo si può vedere da questa pagina web, che elenca moltissimi interventi di papa Francesco in difesa delle vittime cristiane di violenza fondamentalista maomettana.

Falsi dubbi sulla legittimità del papa

Ci sono state anche obiezioni sulla sua legittimità di vescovo di Roma, avanzate (ma poi ritirate) ad esempio da Antonio Socci. A tali obiezioni si può rispondere osservando che se esse fossero state fondate non si capirebbe il perché del silenzio di Benedetto XVI. Se Bergoglio non fosse il legittimo papa, perché papa Benedetto XVI lo avrebbe sempre riconosciuto come tale? Perché non lo avrebbe denunciato come impostore? Perché non avrebbe chiesto un nuovo conclave?

Né si dica che papa Benedetto abbia taciuto per paura, dato che sulla questione del celibato sacerdotale egli ha fatto sentire, a quanto pare in modo determinante, la sua voce preoccupata.

i reali motivi di un'avversione

Se uno legge i discorsi del Papa e ascolta, con un minimo di simpatia, quanto lui dice, non può non essere edificato e aiutato nella fede. La cartina di tornasole è la pace. E la letizia.

Perché allora tanto astio? Non per motivi di fede, ma per motivi politici. Per conservare cioè qualche privilegio materiale, dato che dà fastidio che il Papa dica di aiutare i poveri. Dato che il Papa non si accontenta della ortodossia, ma chieda anche l’ortoprassi. Le opere (vedi lettera di S.Giacomo).
Ed è brutto che si metta in dubbio un pilastro delle fede per motivi politici. E’ brutto guardare alla fede a partire dalla politica.

A me pare che bisognerebbe invece guardare alla politica a partire dalla fede.

possibili limiti

Nessun essere umano è perfetto, e nemmeno il Vicario di Cristo in terra sfugge a questa regola. Si tratta di limiti che non intaccano la sua grande autorevolezza e la sua personale santità.

un egualitarismo “spinto”

Papa Bergoglio ha una sensibilità “sociale”: è molto attento agli ultimi, alle periferie. Per lui che gli esseri umani siano “fratelli tutti” non è un vuoto slogan, ma qualcosa che plasma profondamente il suo pensiero e la sua azione.

Questo lo porta a sentire fortemente il valore dell'eguaglianza tra gli esseri umani, al punto da essere infastidito da tutto ciò che potrebbe comprometterla. Come il fatto che ad alcuni sia dato ciò ad altri non è. E questo lo spinge fatalmente a una certa diffidenza anche verso ciò che, anche nella Chiesa, può costituire una differenza - tra chi avrebbe di più e chi avrebbe di meno: è il caso dei fenomeni carismatici, i fenomeni di intensificazione, per così dire, della si tratta di una grazia gratis data.

Se è così, qui ha origine, probabilmente, una simpatia per i movimenti ecclesiali decisamente minore di quella nutrita dai suoi due predecessori sulla Cattedra di Pietro.

Analogamente, qui potrebbe aver origine anche il suo scarso entusiasmo, una certa sua, per quanto garbata, dubbiosità nei confronti di quell'altro fenomeno carismatico che sono le apparizioni, come le apparizioni mariane.

Sia i movimenti ecclesiali, sia le apparizioni mariane sono delle intensificazioni della manifestazione del Mistero, in cui ad alcuni è dato ciò che ad altri non lo è. E, come si diceva, questo non piace a papa Bergoglio.

Per lui «la Gloria di Colui che tutto move», non si manifesta «in una parte più e meno altrove» (Dante, Paradiso, Canto I), ma si distribuisce “a pioggia” su tutta la Sua creazione, o almeno su tutta la realtà ecclesiale. Lo spazio ecclesiale è uno spazio isotropo, non anisotropo: non ci sono regioni soprannaturalmente più dense e altre meno dense. O, al limite, se ci sono, lo sono nella misura del loro merito, nella misura cioè in cui alcuni esseri umani usano il loro libero arbitrio meglio di altri, e non perché il Mistero dia ad alcuni qualcosa che ad altri non dà, senza loro merito.

Un terzo sintomo di questa scarsa simpatia per delle emergenze speciali del Mistero è la sua scarsa propensione alle canonizzazioni, differenziandosi in questo da un Giovanni Paolo II, che aveva elevato agli onori degli altari un numero decisamente alto di persone.


1) Ci sia consentita qualche breve osservazione. Sui movimenti ecclesiali, anzitutto. Le riserve del papa sul possibile anti-egualitarismo dei movimenti, sulla loro possibile valenza “aristocratica”, non sono prive di qualche fondamento. Per il peccato originale e per l'influsso del Maligno, può capitare (almeno in alcuni, e/o, almeno un po') che chi ha ricevuto un dono tenda ad impossessarsene, e faccia un po' il “primo della classe”, guardando poco o tanto dall'alto in basso gli altri credenti e appartandosene. Questa però è una degenerazione dei fenomeni carismatici, non la loro, intrinseca e necessaria, natura.

2) Analogo discorso si potrebbe fare per le apparizioni mariane. Possono anche lì esserci delle degenerazioni: pellegrini esaltati, ad esempio, che a Medjugorje scambiano per presunte visioni mariane quelli che sono in realtà banali fenomeni atmosferici o di rifrazione della luce. O comunque ci può essere chi, entusiasta di Medjugorje, la antepone alla normale vita di fede e alla sua dimensione comunitaria. Ma anche questo non è l'essenza di un fenomeno carismatico di apparizione mariana, ma una sua (patologica) degenerazione.


Non sarebbe però giusto vedere l'“egualitarismo” di papa Bergoglio in termini esclusivi, o anche solo prevalenti, di limitatezza: esso è frutto, come si diceva all'inizio, della sua passione per ogni essere umano. E lui lo ha dimostrato con scelte anche eroiche, come il suo andare, quando era arcivescovo di Buenos Aires, sui mezzi pubblici come uno qualsiasi a trovare i poveri delle periferie. Karol Wojtyła, da giovane prete, faceva delle gite con giovani che condividevano (o che erano invitati a condividere) la sua esperienza di fede, diciamo delle “truppe scelte”, una porzione ben precisa di umanità, in cui il Mistero si rendeva più trasparente; e diventato papa, amava circondarsi, ad esempio, dei giovani di CL con cui si trovava bene, e con cui festeggiò talvolta il suo compleanno. È uno stile cristiano. Quello di Bergoglio, che non si circonda di “truppe scelte”, ma si mescola in mezzo alla gente più anonima e diseredata delle periferie è egualmente uno stile cristiano. Diverso, ma non meno cristiano. Un diverso modo di onorare l'unico Cristo.

adattamento “spinto”?

il contesto

L'egualitarismo spirituale, di cui si è appena parlato, è una delle componenenti che potrebbero spiegare la tendenza di papa Bergoglio a una grande condiscendenza verso il comportamento effettivo degli esseri umani.

L'altra componente è la sua formazione gesuitica. È noto infatti che la Compagnia di Gesù ha sempre dimostrato una grande adattabilità, una notevole elasticità di adattamento alle circostanze concrete in cui si trovano gli esseri umani.

Nella storia della Compagnia questo ha significato, in positivo, una valorizzazione di quanto di genuino vi è nelle tradizioni extra-europee. Si veda ad esempio il caso dei missionari gesuiti, che seppero adattare la liturgia cattolica alla mentalità asiatica (anche se poi il loro tentativo suscitò tali riserve a Roma da dover essere abbandonato), o in America Latina diedero vita a quell'interessantissimo fenomeno di adattamento allo stile di vita degli indios che furono le reducciones.

Tuttavia è esistita anche, in negativo, una degenerazione di questa tendenza adattativa: quando Pascal se la prendeva con il una “manica larga” non certamente verso di sé, ma verso altri con cui avevano a che farelassismo presente nella Compagnia era mosso anche da un rigorismo giansenistico unilateralmente severo, ma qualcosa di vero c'era nel vedere la casuistica teorizzata da alcuni teologi gesuiti (e praticata, a quanto pare, da gesuiti soprattutto nelle corti cattoliche) come una accondiscendenza (l'aggettivo necessita certamente di essere chiarito: non si tratta di preferire il rigorismo al lassismo, ma di centrarsi su un Avvenimento buono, che ci può realmente liberare da quel male, che ci fa male)“eccessiva” alla debolezza morale umana, un abbassamento dell'asticella non del tutto evangelico, perché poco consapevole della potenza della Grazia.

in papa Bergoglio

Si potrebbe dire che papa Francesco non avrebbe mai scritto una enciclica come la Veritatis Splendor? Certo, l'impostazione data all'etica da papa Bergoglio non è esattamente sovrapponibile a quella di Giovanni Paolo II. Ma questo non va necessariamente a suo demerito: da un lato infatti egli non ama affermazioni di principio freddamente austere, ma questo non gli impedisce, dall'altro, di dare, con cura e affetto realmente paterni, delle utilissime indicazioni pratiche. Egli è insomma tutt'altro che indifferente all'agire del popolo di Dio affidatogli. Memorabili sono le sue, così utili, indicazioni per vivere una positiva vita relazionale (anzitutto intra-familiare): le tre parole-chiave

Sull'Amoris Laetitia papa Francesco è stato accusato, come si è sopra visto, di accondiscendere troppo alla debolezza umana. Analogamente si potrebbe dire sulla questione del celibato sacerdotale, o sulla benedizione delle coppie dello stesso sesso. In tutte queste scelte gioca sempre la stessa tendenza di adattamento all'esistente, prevalente rispetto a una precettività universalizzante.

Si è cercato di spiegare come ciò non sia indizio di relativistica assenza di giudizio. Ci si potrebbe chiedere, però, quanto questa preoccupazione, tipicamente gesuitica, di fare i conti con il concretamente esistente, unita al suo modo di declinare il concetto guardiniano di Gegensatz, non porti, sia pur con le migliori intenzioni del mondo, a smussare un po' troppo il giudizio.

Forse non sarebbe del tutto sbagliato trovare in lui la tendenza a preferire un aggiustamento pratico delle cose, come disperando di poter discernere con esattezza dove stiano la ragione e il torto. Questo, almeno, è compatibile col suo modo di affrontare certe questioni, dove sembra prevalere un “mettetevi d'accordo”, rispetto a una ricerca “forte” di discernimento netto e nitido dei tratti reali e profondi del problema. Come, insomma, se l'etica prendesse un po' il sopravvento sull'ontologia.

Ma, come accennato, anche questo è un tratto tipicamente gesuitico: “prega come se tutto dipendesse da Dio, agisci come se tutto dipendesse da te”. Dove poi è la seconda frase quella che di fatto predomina. Si raccontava, per esemplificare umoristicamente le differenze tra le spiritualità dei diversi ordini religiosi questo aneddoto: si trovano insieme un domenicano, un francescano, un benedettino e un gesuita. A un certo punto va via la luce. Allora il domenicano inizia un dotto discorso sulla natura della luce e della tenebra, il francescano inizia a fare penitenza, il benedettino si immerge in profonda preghiera. E .. a un certo punto ... la luce torma. Che cosa è successo? Il gesuita è andato a tirar su la leva. Insomma, nella spiritualità ignaziana l'esigenza di raggiungere un risultato pratico è molto forte, rispetto alla preoccupazione di acclarare la verità in sé stessa.

l'anti-americanismo

Nel modo con cui papa Francesco ha affrontato la questione dell'invasione russa dell'Ucraina non sappiamo dire se sarebbe troppo azzardato cogliere il possibile lato negativo della sua “accondiscendenza” ai limiti umani, come pure della sua ritrosia a discernere con esattezza i tratti della realtà nella sua ontologica nitidezza, di cui si è appena parlato; il rifiuto cioè di applicare in modo rigido un criterio universale (in questo caso: “non si invadono gli Stati”). Molto più difficilmente però si potrebbe contestare che nel suo atteggiamento qualcosa abbia pesato un suo, radicato e radicale, anti-americanismo.

Un anti-americanismo che probabilmente è radicato nell'uomo Jorge Mario Bergoglio in quanto, per dirla in modo estremamente e rozzamente semplificatore, “progressista latinoamericano”.

Anche qui, non si tratta di qualcosa di totalmente privo di fondamento: gli Stati Uniti hanno certamente commesso molti errori in America Latina, a partire dal loro stesso, interessato, appoggio al distacco delle ex-colonie spagnole dalla madrepatria (vedi “Dottrina Monroe”). Questo però rischia di diventare unilaterale e distorcente se porta a rischiare di giustificare chi, come oggi avviene, fa molto peggio di quanto abbiano fatto e facciano gli Stati Uniti.

Per un giudizio

Non sta a un credente giudicare, in senso vero e proprio, un Sommo Pontefice. Semplicemente, per riassumere quanto fin qui detto: pur con qualche, peraltro inevitabile, limite, papa Francesco è un autentico uomo di fede e un vivo testimone di Cristo.

📖 Testi on-line

📚 Bibliografia essenziale

🎬 Filmografìa

Un film ben fatto sulla vita di Bergoglio fino all'elezione a Sommo Pontefice è Chiamatemi Francesco (2015), di Daniele Luchetti.