Giussani con Carrón

Carrón e il carisma

la successione come nodo cruciale

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il problema: la “successione del carisma”

né automatismi né impossibilità

La Chiesa ha riconosciuto che il fondatore di una realtà carismatica gode di una grazia “gratis data”, una grazia data per l'utilità di molti.

Ma questa Grazia si trasmette anche ai suoi successori?

La risposta che pare più adeguata è: non automaticamente, ma come possibilità.

Da un lato non può essere garantito che chi succede a un fondatore come ruolo istituzionale (“presidente”) goda della stessa autorevolezza del fondatore.

D'altro lato non si veda perché non ci sia la possibilità che lo Spirito “continui ciò che ha iniziato”(Fil 1,6), dando, a chi la accetta, la possibilità di seguire chi propone una esperienza di fede secondo l'accento del Fondatore.

Il Decreto del Dicastero ha chiarito che vanno distinte le funzioni

  • istituzionale (“petrina”)
  • e carismatica (“giovannea”).

Carrón, che è succeduto a Giussani (in quanto di fatto scelto da Giussani stesso), ha guidato il movimento di CL prima che il Dicastero chiarisse questa distinzione. E perciò in lui si fondevano le due dimensioni, istituzionale e carismatica.

Egli ha saputo mantenere nel Movimento la cosa più importante, l'accento del Fondatore per il quale il Cristianesimo è un avvenimento che si incontra, e non delle idee o dei valori da applicare. In altri termini, egli ha incarnato in modo esemplare la dimensione carismatica.

Non altrettanto si può dire del suo modo di interpretare/esercitare il ruolo istituzionale: su questo si sono manifestati dei limiti.

Su questi ultimi si è già detto qualcosa, per cui qui vediamo solo ciò che riguarda il suo esercizio del potere.

spiegazioni sbagliate

autoreferenzialità?

Su questo problema alcuni, in modo più o meno velato, pensano che la “gestione carroniana” del dopo-Giussani abbia risentito di una tendenziale autoreferenzialità.

Robi Ronza ad esempio, con un articolo sul suo blog, auspica che finalmente si approfitti dello stimolo dato dal Decreto del Dicastero per i laici, che nel giugno 2021 ha di fatto posto fine alla presidenza Carrón, per avviare una responsabilizzazione di tutti i membri del movimento. Questi non devono più pretendere di ricevere soltanto, e passivamente, ma devono rimboccarsi le maniche e diventare responsabili in prima persona del carisma.

«Abbiamo (...) tutti quanti il dovere di rispondere, secondo i talenti e la vocazione di ciascuno, a quella chiamata alla responsabilità cui nella sua comunicazione dello scorso 29 novembre ci sollecita Davide Prosperi (...). Citando l’esempio del movimento francescano fece presente che la questione di chi succede al fondatore richiama molta attenzione nei primi tempi dopo la sua scomparsa, ma poi perde importanza. Oggi tutti ricordiamo san Francesco e abbiamo un’idea della spiritualità francescana, ma solo pochi addetti ai lavori sanno chi sia l’attuale Ministro generale dei Frati Minori e delle altre congregazioni eredi del carisma di san Francesco.»

Ora, è vero che Ronza, pur parlando in un altro passaggio di «reali o tendenziali distorsioni» ai vertici del Movimento, ne attribuisce la colpa non solo, e forse nemmeno soprattutto, agli stessi vertici, ma a quella “base” che per pigrizia ha preferito una obbedienza un po' pecoronesca al pieno esercizio del proprio senso critico; tuttavia il fatto che si sia pensato che dopo don Giussani fosse arrivato ... un nuovo don Giussani, nel senso di uno che aveva la stessa carismaticità del fondatore non può, se fosse vero, non essere almeno un po' colpa anche di chi avrebbe come minimo accettato di essere fatto oggetto di una tale sproporzionata devozione. Vi sono poi Ne accenno solo rapidamente: si tratta del fatto che papa Francesco avrebbe già dal 2015 richiamato Carrón a una gestione meno personalistica di CL. La frase, che turbò alcuni, per cui “il centro non è il carisma, ma è Gesù Cristo” avrebbe avuto come significato che “il centro non è Carrón ma è Gesù Cristo”. Ma questa interpretazione è evidentemente forzata, perché dal contesto si desume che il papa se la prendeva non con Carrón, ma con gli “adoratori di ceneri”, ossia coloro che vivevano di un nostalgico ricordo dei bei tempi passati in cui c'era “il Giuss” (e non quel novellino spagnolo usurpatore, che pretende di insegnare a noi, che abbiamo conosciuto Giussani fin dagli anni '50)

ricerca del potere?

A me pare che a Carrón non possa proprio essere imputata una ricerca del potere: egli è sempre stato molto umile e non ha voluto mai imporre niente a nessuno. Anzi, se un limite ha avuto, come dirò poi, è semmai quello di aver dato fin troppo corda a chi gli remava contro, senza mai difendersi; non per nulla un suo libro si intitola «La bellezza disarmata».

Turbamento e sconcerto sono stati perciò alimentati da una certa recezione della lettera del card Farrell del 10 giugno 2022, che è potuta sembrare accusatoria nei confronti di Carrón, proprio sotto il profilo di cui stiamo parlando. Farrell infatti dice a un certo punto che

«la dottrina della “successione del carisma” - proposta e alimentata durante l’ultimo decennio in seno a CL da chi era incaricato della conduzione, con strascichi che vengono ancora coltivati e favoriti in occasione di alcuni interventi pubblici - è gravemente contraria agli insegnamenti della Chiesa.»

La possibilità che tali parole siano interpretate come un attacco a Carrón ha spinto un altro vescovo a esplicitare nel modo più netto che Carrón non è accusabile di personalismo. Ecco le parole del vescovo di Pavia, mons. Corrado Sanguineti:

«Carissimi amici, ho letto oggi la nuova lettera del cardinale Farell e la breve lettera di Prosperi. Da una parte sono addolorato e ferito da ciò che sta accadendo, dall’altra credo che pur con sacrificio e fatica dobbiamo seguire le indicazioni del Papa e dei suoi collaboratori, evitando divisioni, opposizioni, chiacchiere malevole tra noi. Non c’è niente di peggio che la divisione opera del Nemico. Per il resto guardiamo al carisma nel suo punto sorgivo che è don Giussani, guardiamo a tutta la storia di grazia di questi anni, guardiamo a quei punti vivi, a quei testimoni che rendono più trasparente ed evidente il volto di Gesù. Certo nell’obbedienza anche sofferta obbediamo da figli non da servi, non gettiamo discredito ingiusto su Carrón e sul servizio che ha svolto per anni nel guidare il movimento: in questo senso preghiamo perché chi oggi ha responsabilità di guida non si presti a questa “damnatio memoriae” e sappia affermare l’originalità del carisma. Sì, più che dividerci e discutere, preghiamo, siamo tesi a Gesù nella realtà e lasciamoci colpire da come Lui accade ora. Aiutiamo gli amici in questa ora così delicata per il nostro movimento.

C’è il rischio di una pesantezza di parole e di regole che possono soffocare la vita. Per questo stiamo all’essenziale e ogni giorno viviamo nella mendicanza di Cristo e nella tensione a lasciarci sorprendere dai segni della sua presenza.»

Che Carrón non abbia preteso di impossessarsi del carisma lo sostiene anche il cardinal Zuppi:

«In questi ultimi anni, ho incontrato e conosciuto don Julián Carrón. La prima cosa che mi ha colpito di lui è stata la consapevolezza di non essere Giussani e di voler accompagnare il cammino della Fraternità e dei Memores continuando il carisma non come una ripetizione meccanica, ma con una creatività generativa sul presente. In lui vedo un grande rispetto della coscienza della persona e nello stesso tempo un grande coinvolgimento nell’avventura, nella storia del carisma di Giussani. C’è una totale assenza di personalismo in lui.» Cardinale Matteo Zuppi

In sostanza, se c'è qualcosa che sarebbe assurdo attribuire a Carrón è la ricerca del potere, o di aver esercitato il potere in modo dispotico.

il punto

In sostanza: Carrón avrebbe ritenuto di essere automaticamente portatore della stessa autorità e autorevolezza del fondatore, e ciò perché avrebbe rifiutato di interloquire da pari a pari con i suoi critici. Non avrebbe accettato di discutere.

È un punto, questo, su cui è bene sostare.

dove sbagliano i suoi critici

I critici di Carrón avrebbero voluto discutere ... di tutto. Ma su questo Carrón mi pare abbia ragione da vendere: non si può discutere di tutto. Sui fatti non si può discutere. Un fatto si impone. Come ricordava la saggezza scolastica: contra factum non valet argumentum. E il Cristianesimo è un fatto. Un Avvenimento che non si può sminuzzare a dadini per possederlo e controllarlo, ma che va verificato. Accolto come ipotesi e verificato. Stando alle sue condizioni («il metodo è dettato dall'oggetto», diceva sempre Giussani). Va verificato nell'esperienza. Con atteggiamento di gratitudine e ultimo stupito silenzio (come dice la bellissima frase attribuita a Laurentius eremita):

«Mi fu detto: tutto deve essere ricevuto senza parole e divinizzato nel silenzio.

Allora pensai che tutta la mia vita sarebbe stata un cercare rendermi conto di ciò che mi era accaduto.

E il tuo ricordo mi riempie di silenzio».

Insomma: la cosa più importante della vita non è qualcosa che richieda anzitutto un affannato lavorio dialettico, ma è qualcosa che va accolto con semplicità. Seguendo un Avvenimento che ci è venuto incontro.

E questo atteggiamento di stupore per qualcosa che va oltre le proprie misure è proprio ciò che mancava e manca ai critici di Carrón.

la loro parte di ragione

D'altro canto Carrón ha dato l'impressione che non si possa discutere ... di niente. È un fatto che molti suoi estimatori guardano alla discussione, al confronto di argomenti (che fanno leva su concetti) come qualcosa di intrinsecamente negativo.

Ora, ci sono cose (il livello di “vertice” della realtà, di “centro” della realtà) su cui non è questione anzitutto e soprattutto di discutere, di confrontare argomenti. Ma ci sono altre cose, c'è un altro livello (la “base”, la “periferia” della realtà, il dettaglio cioè dell'ambito profano) su cui discutere si può e si deve. Non per pretendere di imporre qualcosa a nessuno, ma per arricchire, anche con la competenza (che alcuni hanno e altri non hanno, o hanno in minor misura) il punto di vista che ne può risultare.

Per approfondire.

Sul concetto di carisma si veda la distinzione tra .

Carrón davanti al Decreto

Il Decreto è stato applicato in modo quantomeno discutibile (come implicante l'emarginazione di Carrón). Purtroppo lui stesso non ha, probabilmente, fatto il possibile per evitare fraintendimenti. Soprattutto per evitare che si potesse pensare a una sua non convinta accettazione del Decreto stesso.

Egli infatti ha sempre, coerentemente, detto di accettarlo. Quella che è mancata è stata una spiegazione del perché il Decreto fosse opportuno. Una spiegazione in qualche modo necessaria, dato lo smarrimento creatosi, uno smarrimento analogo a quello suscitato dalla Amoris laetitia, un documento che egli aiutò a comprendere nella sua piena (e per molti non scontata) ortodossia.

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